Turchia . Penisola di Karaburun cioè del naso nero. Nel piccolo approdo di Yeniliman ( porto nuovo ), l’ isola greca di Lesvos dista 13 e miglia e un po’ più a sud, di fronte la turistica Cesme, si vedono le case di Chios. In questo selvaggio e affascinante angolo di Turchia , sino ad oggi incontaminato dal turismo di massa, il tempo sembra essi fermato a mezzo secolo fa. La frutta e gli ortaggi li compri dai contadini che indossano i tipici costumi da lavoro. Nella piazzetta sul porto, l’ immancabile statua del padre dei turchi , sorveglia i ritmi lenti e rilassanti di un popolo cordiale e laborioso. Il sogno della grande Turchia di Erdogan é sulle verdi coline dove si cerca di cementizzare la natura che qui profuma di origano. È questa la Turchia ” infedele “, delle donne libere , in bikini o in minigonna , la Turchia che non vota per l’ AKP del Presidente e che orgogliosamente espone i ritratti di Ataturk e la bandiera simbolo di quella laicità che per anni ha contraddistinto il paese della mezzaluna. Sul mare saltano i delfini tra le navi di crociera che raggiungono Izmir ma da qualche tempo, sulle onde dell’ Egeo, s’ incrociano le navi della guardia costiera turca e sull’azzurro cielo aerei militari cercano piccole imbarcazioni con la prua rivolta alla Grecia. Sono loro, i disperati profughi siriani che varcato il confine con la Turchia, hanno percorso 2.000 kilometri alla ricerca di un sogno. Milioni di cittadini sfuggiti alla paura della guerra, lasciando casa e affetti in un paese martoriato dalla morte e senza alcun futuro. C’è chi si ferma in Turchia , cercando di rifarsi una vita con la speranza di tornare un giorno a casa, altri e sono tanti, si affidano alla fortuna e alle sporche mani di mercanti di illusione e spesso di morte. Salpano di notte dalle coste turche, l’ Europa é a un passo ma spesso quel sogno s’ interrompe. Intercettati dalla guardia costiera vengono accompagnati nei porti più vicini . A lungo la vedetta militare, carica di disperati, staziona davanti al porto di Yeniliman. Si attende un’ altra imbarcazione che li porti sulla terra . Viene fermato un peschereccio e ai pescatori si affida il carico umano. Nel porto non vi sono strutture per accoglierli, restano li per ore e ore sotto il cocente sole turco. Sono volti che sanno cos’è la guerra, che hanno visto la morte e che, malgrado tutto, sperano ancora. Le donne e i bambini Indossano giubbotti salvagente , la polizia turca non permette di avvicinarsi ma anche ad una certa distanza, i volti sono più che espressivi. Tanti indossano le maglie calcistiche dei club europei, un bimbo ha un berretto della nazionale italiana, altri suoi coetanei si divertono rincorrendosi. Gironzolare sotto il sole non è facile e quel poco d’ombra lo si lascia ad una mamma che allatta e ad un anziano che dimostra più anni di quelli che ha. Non hanno che un sacco o una vecchia borsa dove hanno riposto quel poco rimasto dopo aver pagato a caro prezzo il viaggio della speranza ai mercenari di illusioni. La burocrazia fa il suo lavoro. Un militare, con il mitra spianato, controlla che nessuno si avvicini e che nessuno esca da quei pochi metri quadrati loro riservati. Un altro militare, avvalendosi di un inteprete, li interroga. Si avvicinano in gruppi familiari. ” Babá? Anne? “. ” Papà? Mamma” chiede con voce alta e stentorea Si cerca di dare un volto ed un nome a quei fantasmi umani. Dalla moschea, la voce metallica del muezzin invita alla preghiera ma nei volti e negli sguardi dei profughi c’è solo spazio per l’ incertezza del domani. Nei bar del piccolo porto i pescatori li guardano in silenzio, gli anziani, giocando a tabla (backgammon ) si pongono mille domande ed i cani randagi che gironozolano hanno almeno un tetto e del cibo sicuri. Dopo parecchie ore arriva un pullman , per un nuovo viaggio di oltre 100 km. A Izmir saranno processati per aver abbandonato illegalmente il paese che li ha accolti e poi, come profughi, saranno rimessi in libertà . Qualcuno cercherà lavoro in Turchia, tanti invece riproveranno a superare quel mare che vide le gesta mitologiche di Ulisse, sperando di aprodare nell’ Itaca delle illusioni europee e altri ancora attenderanno che qualcosa accada, sospesi tra la terra del “Sultano” di Ankara e l’ Europa di Tzipras e della Merkel.
Foto Beppino Tartaro
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