La musica, i coriandoli, l’allegria. Verona, in quel venerdì 21 febbraio, festeggiava il suo plurisecolare carnevale. Le scuole erano chiuse e si avvertivano i primi tepori della primavera sempre meno lontana.
I quotidiani in quel giorno raccontavano del pazzo tedesco che aveva ucciso alcuni immigrati, di un eventuale nuovo governo Conte senza Renzi e della vittoria dell’Inter in casa del Ludogorets.
Mi preparavo al giorno dopo, sarei andato a Ferrara. Mi avevano assegnato Spal-Juventus e, al di là della mia fede nerazzurra, mi emozionava poter vedere da vicino CR7. La sera di quel venerdì, tornando a casa dalla sfilata dei carri, stava cambiando la nostra vita. Quel virus che ritenevamo fosse solo cinese e che qui non sarebbe arrivato se non come una normale influenza, si era presentato. Il 78 enne Adriano Trevisan, residente nella provincia di Padova, era la prima vittima di quel Coronavirus che da un mese ci fa tristemente compagnia.
A casa ne discutemmo subito e mentre fuori la vita scorreva come sempre, decidemmo di metterci in quarantena o qualcosa di simile e ancora lo siamo. Il giorno dopo, con mille paure che allora non si potevano condividere perché rischiavi di passar per scemo, andai comunque a Ferrara. In quei 100 chilometri, anziché la musica di De Andrè, furono le notizie della radio a farmi compagnia. Ricordo la telefonata di Sergio, un mio amico e compagno di scuola, con il quale parlammo di ciò che stava accadendo e fu l’unico che in quelle ore condivise con me le comuni preoccupazioni.
A Ferrara si respirava l’aria delle grandi giornate. Per la prima volta, Cristiano Ronaldo avrebbe giocato al” Mazza “. Ero preoccupato e cercai di stringere meno mani possibile ma allora, un mese e non un secolo fa, abbracciarsi, farsi i selfie, appoggiare le mani ovunque era qualcosa di assolutamente normale. Confesso che quel piccolo bagno nella zona degli spogliatoi dello stadio estense l’avrò utilizzato non so quante volte e ricordo che allo steward che, sicuramente si stupiva della mia assidua frequenza, raccontai che soffrivo con la prostata anche se in realtà andavo solo per lavarmi le mani.
Eppure, già in quelle ore si ripetevano gli stessi consigli di adesso. Lavarsi le mani più volte ma sembravano i consigli della mamma o della maestra. Ma sì, è arrivato anche in Italia, è normale con tutti questi cinesi da noi ma non dobbiamo preoccuparci, vuoi che faremo la fine della Cina con quelle migliaia di morti?
Sino all’ ultimo avevo sperato che quella partita non si giocasse. Ferrara non era poi così distante d Vò ( si scrive solo così e non Euganeo ) ma si poteva annullare il circo del calcio ? A Ferrara si aspettava quella partita da tempo e poi il campionato, i diritti televisivi, lo scudetto, la Champions ecc….
Quando arrivò il pullman della Juve e vidi scendere quei giocatori, capii però che qualcosa era cambiato dentro di me. Ero nella situazione di chi si trova in un teatro e non ha voglia di vedere quello spettacolo che pure aveva atteso. Ero accanto a quei campioni e chissà come mi invidiavano quei ragazzini oltre il cancello che assiepati cercavano di sbirciare i loro idoli.
Non potevo allontanarmi troppo perché tra i nostri compiti abbiamo quello di controllare le fasi che precedono una partita. Quando i giocatori si ritrovarono nel corridoio che immette nel terreno di gioco, si sentiva una grande emozione, come sempre del resto prima di una partita, anche la più scontata o la meno importante per la classifica. Li avevo lì a pochi centimetri quei volti noti delle “ Panini “ma volevo che fossero distanti da me. Poi, finalmente la partita e fortunatamente non mi era stato assegnato il posto tra le due panchine ma dietro una delle due porte, nei pressi del settore occupato dai tifosi bianconeri. Proprio dove mi trovavo, Cristiano Ronaldo segnò il gol del vantaggio ma quel gol era per me strano. Non perché da interista avrei sperato che a segnare fosse stata la Spal ma avvertivo qualcosa che stonava con le mie preoccupazioni, con ciò che avevo sentito per radio. Alla fine del primo tempo, guardai il cellulare con la speranza di leggere qualcosa di buono ma i contagi aumentavano ed oltre a Trevisan era morta una signora a Casalpusterlengo , si cominciava a raccontare che il primo caso di trasmissione poteva esser stato causato da un 38 enne maratoneta di Codogno, ricoverato in terapia intensiva, che aveva anche contagiato la moglie incinta e intanto 5 operatori sanitari risultavano positivi.
Nel secondo tempo, neppure il gol della Spal che aveva accorciato le distanze, fece cambiare la direzione dei miei pensieri. Quando l’arbitrò decretò la fine dei novanta minuti, con i colleghi preparammo la documentazione di rito e terminato ciò che c’era da fare , andai via di corsa. Raccontai una scusa perché tutti erano lì curiosi di veder uscire i giocatori ma a me importava solo scappare da quella moltitudine di gente e solo quando arrivai a casa mi sentii sicuro.
Temevo di aver potuto contrarre quella che allora si definiva ancora una sorellina dell’influenza stagionale; lo temevo soprattutto per la mia famiglia anche perché nelle domeniche precedenti ero stato proprio nelle zone contagiate: Il 16 a Cremona e poi la sera a casa di amici nella bergamasca e la domenica avevo visto l’Atalanta giocare in casa.
Oggi, un mese dopo, oggi che è arrivata la primavera, quei ricordi sembrano lontanissimi ma sono appena di trenta giorni fa. Chissà quando torneremo a veder le partite, chissà quando torneremo ad abbracciarci per un gol e a litigare per un fuorigioco o un rigore non assegnato? Eppure, ritorneremo, ci vorranno mesi e mesi ma alla fine vinceremo e forse capiremo che a mamma natura abbiamo proprio rotto le scatole in questi anni e anche lei, adesso, ha bisogno di non vederci in giro a distruggerla.
Siamo tutti (non tutti) e a casa a veder il triste elenco dei numeri che salgono, ci siamo abituati (non tutti ) a capire l’importanza della vita e soprattutto spero che a capirlo siano quei politici che oggi elencano bisogni ma che sino a qualche mese fa avevano tra i loro scopi preferiti quello di “tagliare la sanità “.
Credo comunque che così come oggi sono in fiore gli alberi, torneremo anche noi a fiorire e questo mio ricordo voglio concluderlo con una nota spensierata, quasi incosciente.
Guardando la registrazione delle fasi preparatorie di Spal-Juventus, in quel corridoio, accanto a me passarono Buffon, Higuain, Chiellini e Dybala e poi lui, CR 7 che si fermò proprio a pochi centimetri e mi chiese persino scusa (in inglese ) per avermi toccato con il gomito.
Ve lo immaginate se avessi contratto il virus nei giorni seguenti e mi avessero chiesto con chi avevo avuto contatti ?
“ Cristiano Ronaldo di sicuro “. E da lì mi avrebbero ricoverato alla Neuro.
Foto Beppino Tartaro
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